Day 8 - The National Museum of American History and the National Mall






Washington DC (District of Columbia) ha diverse peculiarità che la rendono unica negli USA.
Innanzitutto non è uno stato, ma un distretto e per questo motivo i suoi cittadini non hanno dei rappresentanti al Congresso, come tutti gli altri cittadini americani, ma possono partecipare alle elezioni presidenziali grazie al 23mo emendamento introdotto nel 1961. Questa limitazione ha dato origine a diverse proteste negli anni passati, ma senza successo. Una traccia di questo malcontento si trova addirittura sulle targhe automobilistiche emesse dalla motorizzazione del distretto che, sotto i caratteri alfanumerici, riportano la scritta polemica “Taxation without representation” che riprende il famoso slogan che diede avvio ai moti rivoluzionari di Boston. Inoltre il progetto originale della città fu affidato da Washington all’ingegnere militare di origine parigina Charles L’Enfant ed è per questo motivo che passeggiando per le vie centrali di Washington si trovano svariati palazzi di chiara influenza parigina, un unicum in tutti gli USA. Inizialmente la città avrebbe dovuto chiamarsi Federal City, ma alla morte di Washington le venne danno il nome del primo presidente.
La giornata inizia con l’arrivo del WAT che a differenza di quelli newyorkesi ha la rampa laterale e mi permette quindi di scendere più agevolmente da Atto e sedermi su un sedile normale evitando tutte le “centrifugate”. Prima di avviarmi alla prima tappa della giornata, il Museo Nazionale di Storia Americana, chiedo al taxista di fare un giro del centro per vedere i principali luoghi di interesse. Ci avviamo quindi verso l’imponente obelisco eretto in onore di Washington: è veramente imponente e l’enorme prato che lo circonda lo rende ancor più maestoso. Ad un centinaio di metri dal monumento inizia la lunga Reflecting Pool che termina con il memoriale di Lincoln: mi vengono in mente le immagini dei comizi degli anni ‘60 per i diritti civili, tenuti sul prato circostante.
Volgendo lo sguardo dalla parte opposta al memoriale di Lincoln, rivedo l’obelisco ed oltre il Capitol Hill, sede del Congresso. Ci riavviamo quindi oltre il fiume Potomac, che segna il confine tra DC e Virginia, per vedere il Pentagono, ma ad un certo punto la polizia blocca le macchine davanti a noi. All’improvviso si accendono i lampeggianti di decine di macchine della polizia, tra cui una vicina a noi con la scritta sulla fiancata “United Secret Service”, beh no così segreti! Nel cielo sovrastante appaiono due elicotteri militari che velocemente si muovono come mosche impazzite: cosa caspita sta succedendo! L’autista, infastidito per il blocco, mi spiega che Trump sta uscendo o tornando dalla Casa Bianca. Tutto il traffico è bloccato. Dopo 10 min arrivano i primi motociclisti con sirene spiegate e lampeggianti di vari colori tipo albero di Natale. Ne passa almeno una decina. Subito dopo arriva ad alta velocità una serie di SUV neri, quelli che Trump orgoglioso chiama The Beast, seguiti da un’ambulanza. Io scherzando, ma non troppo, chiedo all’autista se il presidente è nell’ambulanza immobilizzato in una camicia di forza, ma lui, ridendo, mi spiega che dopo il tentato assassinio di Reagan, ogni motorcade presidenziale comprende un’ambulanza super-attrezzata. Dopo venti minuti, finalmente riprendiamo il viaggio e dalle non educate parole di commento del taxista capisco che non è un sostenitore di Trump. Attraversiamo il Potomac e dopo il vasto cimitero di Arlington appare il Pentagono, enorme! Non a caso è il più grande complesso di uffici al mondo. L’ho visto così tante volte nei film, ma dal vivo ci si rende veramente conto della sua vastità! Per evitare ulteriori attacchi stile 9/11, è stata creata una lunga massicciata di fronte al lato centrato dallo sfortunato volo 77 di American Airlines. Un memoriale ricorda le 189 vittime. Passiamo quindi di fronte al Memoriale di Jefferson col tetto in restauro e ritorniamo verso il National Mall con la sua fila di edifici neoclassici che ospitano i principali musei degli USA. Come tutti i musei federali, anche il Museo di Storia Americana offre l’ingresso gratuito a tutti. Dopo un veloce controllo della dettagliata mappa, mi avvio con mio Atto verso la sala dedicata all’American Enterprise dove viene esposta e ben spiegata la vertiginosa crescita delle imprese americane che con i loro prodotti hanno prima conquistato il mercato interno e poi quello mondiale. Spiegazioni che non risparmiano anche analisi critiche come le campagne pubblicitarie dei produttori di sigarette degli anni ‘50 che finanziavano generosamente l’Associazione dei Medici Americani per elogiare gli effetti benefici delle sigarette. Incredibile il documento interno riservato di un principale produttore di sigarette americano che alla fine degli anni ‘40 evidenza gli effetti nocivi del fumo sull’apparato circolatorio. Proseguo verso lo stupendo padiglione America on the Move dove si ripercorre l’evoluzione dei mezzi di trasporto dalla diligenza al trasporto aereo odierno, passando tra mezzi di locomozione originali posti nelle loro ambientazioni storiche: un vero viaggio nel tempo! Decisamente più in stile America First l’enorme sala dedicata alle Guerre Americane, dove tutte le guerre americane sono celebrate con ampio uso di cimeli originali. Molto interessante l’area dedicata alla democrazia americana con l’evoluzione della Costituzione dalla sua iniziale scrittura fino ad oggi con i suoi 27 emendamenti. Concludo la visita  con la sala dedicata alla Presidenza con interessanti spiegazioni sulle diverse interpretazioni relative al mandato presidenziale. Bene, è giunta l’ora di chiusura ed in 5 ore - e nonostante la velocità di spostamento di Atto - ho visitato meno della metà del museo. Ci devo sicuramente ritornare nei miei prossimi viaggi americani! Ormai sono lanciatissimo e mi avvio verso l’imponente obelisco. Nelle vicinanze c’è una vivace manifestazione di portoricani che chiedono alta voce le dimissioni del governatore implicato in alcuni scandali. Sul vasto prato che circonda l’obelisco gruppi di ragazzi si allenano a baseball, con guantoni e mazze, tutto molto americano! Ormai senza più limiti proseguo verso la Reflection Pool ed il memoriale di Lincoln. Guardo l’indicatore di autonomia e positivamente meravigliato noto che nonostante le svariate miglia percorse, ho ancora almeno il 70% di autonomia. Chi mi ferma più! Ormai comincia ad imbrunire, ma faccio ancora in tempo a vedere la Casa Bianca dal punto pubblico più vicino. Con il teleobiettivo faccio una foto delle finestre dello Studio Ovale, nessuna traccia di Trump. Si vedono sul tetto i militari che ci controllano con potenti binocoli: per evitare potenziali fastidi, ritiro il mio teleobiettivo...
Perfetto! Prenoto su Uber il WAT che clamorosamente - e fortunatamente! - arriva quando scendono le prime gocce di quello che in pochi secondi si trasformerà in un bel temporale estivo!
Che giornatona!

Commenti

  1. Caspita, Riccardo:
    Hai quasi incontrato il presidente più potenre al mondo!
    Avresti potuto esprimergli tuttalatuaammirazione.

    Ed è bello vedere che hai abbattuto un po' di barriere con il tuo scootef!
    E in ogni caso sempre molto interessanti i tuoi racconti, con molte informazioni interessanti che ignoravo completamente!

    Grazie di tutto, Riccardo

    Ps: il quinto e il settimo giorno ce li racconti quando ci incontreremo...

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  2. Sarebbe stato meglio incontrare Melania...

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  3. Un grande piacere seguire Riccardo nel suo fantastico viaggio attraverso le sue foto e il suo racconto viviamo quest posti fantastici, grazie Riccardo


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